Identificazione
- Testo
- Bibliografia11
- Voci correlate
Autore: Thomas Purayidathil
Il termine i. indica il confronto mentale che facciamo tra noi stessi e il personaggio di un testo massmediale cui immaginiamo di somigliare. Un tale processo di i. avviene soprattutto con i programmi televisivi e cinematografici.
É decisamente più facile identificarsi con personaggi con i quali si sente di avere molto in comune, anche se questo non è requisito necessario. La maggior parte dei programmi televisivi e cinematografici contiene un grado di universalità tale da favorire l’i. Un ottimo esempio è rappresentato da una miniserie degli anni Settanta come Radici. In essa si raccontano le esperienze traumatiche degli schiavi negli USA. Molti bianchi d’America, pur non avendo nessuna reale esperienza personale di schiavitù (come pure i neri peraltro), si identificarono con le vicende dei protagonisti. Ciò è dovuto al fatto che i personaggi della serie erano stati rappresentati proprio in maniera tale da facilitare nel pubblico l’i. La serie ebbe tale successo da essere venduta in molti Paesi del mondo, le cui culture non avevano nulla in comune con quella americana.
Bisogna precisare che la realtà percepita attraverso i media assume confini ben più larghi quando la nostra i. con i personaggi è tale da farli diventare persone importanti nella nostra vita (Potter, 1988).
L’i. con un personaggio sarà maggiore se avviene anche a livello emotivo. In effetti l’i. funziona meglio non tanto a livello intellettuale quanto al livello delle emozioni e dei sentimenti. Come sostiene Myers (1992), quando riusciamo a capire e a provare ciò che gli altri provano, allora proviamo empatia per loro. Empatia è la capacità di mettersi nei panni di un certo personaggio e provare le sue stesse emozioni.
I. ed empatia sono due fattori di fondamentale importanza nel consumo dei prodotti mediali. In genere apprezziamo di più una commedia se riusciamo a condividere i sentimenti dei protagonisti. Il grado di i. ed empatia può talvolta essere ridotto dalla posizione relativamente onniscente che lo spettatore occupa rispetto ai personaggi. Spesso sappiamo prima dei personaggi cosa sta per accadergli, così come spesso immaginiamo in che modo finirà un dato episodio. Se il finale di un film è troppo prevedibile, diventa molto più difficile lasciarsi coinvolgere nelle vicende della trama. L’apprezzamento di questo o di quel programma dipende anche dal genere cui esso appartiene. È difficile che la gente si diverta a guardare le repliche degli eventi sportivi, mentre può invece apprezzare la replica di un film o di una sitcom. In questo caso, la fedeltà ai personaggi e al programma diventa fattore cruciale del processo di i. ed empatia (Tannenbaum, 1980).
L’empatia è composta da due elementi, uno di tipo cognitivo e l’altro di tipo emotivo. L’empatia cognitiva consiste nella capacità di capire il punto di vista dell’altro, mentre l’empatia emotiva comporta una reazione a un livello puramente affettivo. Davis, Hull e Young (1987) hanno dimostrato che questi due tipi di empatia, pur influenzando contemporaneamente le reazioni del pubblico di due film come La canzone di Brian e Chi ha paura di Virginia Woolf?, hanno un’azione diversa. Zillmann (1991) sostiene che l’empatia ha una struttura composta da tre fattori e che un fattore può dominare su un altro. Per chiarire meglio facciamo un esempio. Può succedere che la nostra prima reazione dinanzi a una persona vittima di violenze in un film, in un cartoon o in un servizio giornalistico sia di empatia. Questa reazione può però diventare meno empatica a causa del servizio giornalistico, della scena o dello spot pubblicitario seguenti. Pertanto la capacità di un personaggio di suscitare empatia e i. nel pubblico viene compromessa dall’effetto negativo di ciò che segue immediatamente dopo. Ecco perché è difficile sentirsi emotivamente coinvolti in un film che viene continuamente interrotto dagli spot pubblicitari.
È stata poco studiata la misura in cui i media, specie la televisione, insegnano (o possono insegnare) ai bambini a provare empatia. Forse gli autori e i produttori di programmi televisivi dovrebbero prestare attenzione a questo problema e fare in modo che soprattutto i bambini possano sviluppare un tipo di empatia e di i. in grado di arricchire il loro processo di crescita e di divertirli al tempo stesso.
É decisamente più facile identificarsi con personaggi con i quali si sente di avere molto in comune, anche se questo non è requisito necessario. La maggior parte dei programmi televisivi e cinematografici contiene un grado di universalità tale da favorire l’i. Un ottimo esempio è rappresentato da una miniserie degli anni Settanta come Radici. In essa si raccontano le esperienze traumatiche degli schiavi negli USA. Molti bianchi d’America, pur non avendo nessuna reale esperienza personale di schiavitù (come pure i neri peraltro), si identificarono con le vicende dei protagonisti. Ciò è dovuto al fatto che i personaggi della serie erano stati rappresentati proprio in maniera tale da facilitare nel pubblico l’i. La serie ebbe tale successo da essere venduta in molti Paesi del mondo, le cui culture non avevano nulla in comune con quella americana.
Bisogna precisare che la realtà percepita attraverso i media assume confini ben più larghi quando la nostra i. con i personaggi è tale da farli diventare persone importanti nella nostra vita (Potter, 1988).
L’i. con un personaggio sarà maggiore se avviene anche a livello emotivo. In effetti l’i. funziona meglio non tanto a livello intellettuale quanto al livello delle emozioni e dei sentimenti. Come sostiene Myers (1992), quando riusciamo a capire e a provare ciò che gli altri provano, allora proviamo empatia per loro. Empatia è la capacità di mettersi nei panni di un certo personaggio e provare le sue stesse emozioni.
I. ed empatia sono due fattori di fondamentale importanza nel consumo dei prodotti mediali. In genere apprezziamo di più una commedia se riusciamo a condividere i sentimenti dei protagonisti. Il grado di i. ed empatia può talvolta essere ridotto dalla posizione relativamente onniscente che lo spettatore occupa rispetto ai personaggi. Spesso sappiamo prima dei personaggi cosa sta per accadergli, così come spesso immaginiamo in che modo finirà un dato episodio. Se il finale di un film è troppo prevedibile, diventa molto più difficile lasciarsi coinvolgere nelle vicende della trama. L’apprezzamento di questo o di quel programma dipende anche dal genere cui esso appartiene. È difficile che la gente si diverta a guardare le repliche degli eventi sportivi, mentre può invece apprezzare la replica di un film o di una sitcom. In questo caso, la fedeltà ai personaggi e al programma diventa fattore cruciale del processo di i. ed empatia (Tannenbaum, 1980).
L’empatia è composta da due elementi, uno di tipo cognitivo e l’altro di tipo emotivo. L’empatia cognitiva consiste nella capacità di capire il punto di vista dell’altro, mentre l’empatia emotiva comporta una reazione a un livello puramente affettivo. Davis, Hull e Young (1987) hanno dimostrato che questi due tipi di empatia, pur influenzando contemporaneamente le reazioni del pubblico di due film come La canzone di Brian e Chi ha paura di Virginia Woolf?, hanno un’azione diversa. Zillmann (1991) sostiene che l’empatia ha una struttura composta da tre fattori e che un fattore può dominare su un altro. Per chiarire meglio facciamo un esempio. Può succedere che la nostra prima reazione dinanzi a una persona vittima di violenze in un film, in un cartoon o in un servizio giornalistico sia di empatia. Questa reazione può però diventare meno empatica a causa del servizio giornalistico, della scena o dello spot pubblicitario seguenti. Pertanto la capacità di un personaggio di suscitare empatia e i. nel pubblico viene compromessa dall’effetto negativo di ciò che segue immediatamente dopo. Ecco perché è difficile sentirsi emotivamente coinvolti in un film che viene continuamente interrotto dagli spot pubblicitari.
È stata poco studiata la misura in cui i media, specie la televisione, insegnano (o possono insegnare) ai bambini a provare empatia. Forse gli autori e i produttori di programmi televisivi dovrebbero prestare attenzione a questo problema e fare in modo che soprattutto i bambini possano sviluppare un tipo di empatia e di i. in grado di arricchire il loro processo di crescita e di divertirli al tempo stesso.
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Bibliografia
- ANGELINI Giuseppe, Psicologia del cinema, Liguori, Napoli 1992.
- BRYANT Jennings - ZILLMANN Dolf (eds.), Responding to the screen. Reception and reaction processes, L. Erlbaum, Hillsdale (NJ) 1991.
- CROCE M. A., Filmologia e società, Il Mulino, Milano 1971.
- DAVIS M. H. - HULL J. G. - YOUNG R. D, Emotional reactions to dramatic film stimuli. The influence of cognitive and emotional empathy in «Journal of Personality and Social Psychology» (1987) 52, pp.126-133.
- GRINBERG Leon, Teoria dell'identificazione, Loescher, Torino 1989 (ed. orig. 1976).
- HARRIS Richard Jackson, A cognitive psychology of mass communication, L. Erlbaum, Hillsdale (NJ) 1999.
- LIEBES Tamar - CURRAN James, Ritual, media and identity, Routledge, London 1998.
- METZ Christian, Cinema e psicanalisi, Marsilio, Venezia 2006 (ed. orig. 1977).
- MORIN Edgar, L'industria culturale, Il Mulino, Bologna 1963.
- MYERS David, Psychology, Worth Publishers, New York 1992.
- ZANZI E. - SPADONI S. (edd.), Tra psicanalisi e teatro: identificazione e creatività, Bulzoni Editore, Roma 2000.
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Note
Come citare questa voce
Purayidathil Thomas , Identificazione, in Franco LEVER - Pier Cesare RIVOLTELLA - Adriano ZANACCHI (edd.), La comunicazione. Dizionario di scienze e tecniche, www.lacomunicazione.it (21/11/2024).
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